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cooperativa di comunità

Il valore aggiunto della Cooperazione in ambito turistico – di Giovanni Teneggi

L'introduzione redatta da Giovanni Teneggi per la pubblicazione di Unioncoop Torino realizzata con il supporto tecnico di Appenninol'Hub per il Programma Europeo Interreg PITER

L’introduzione redatta da Giovanni Teneggi per la pubblicazione di Unioncoop Torino realizzata con il supporto tecnico di Appenninol’Hub per il Programma Europeo Interreg PITER

di Giovanni Teneggi

cooperazione di Comunità e Sociale in ambito turistico - analisi di benchmark

L’opera di analisi e modellizzazione dell’attività turistica gestita nella forma della cooperativa sociale da Unioncoop Torino sorprende già dal sommario che ne anticipa lo sviluppo e invita alla consultazione. Si percepisce, infatti, dall’ampiezza dei titoli proposti che non ci troviamo di fronte al “rendiconto” di un programma di attività ma a una pubblicazione ragionata mai così puntuale su questo tema e di chiaro valore aggiunto per tutti i settori coinvolti. Usiamo il plurale perché non potremmo certo riferirci a uno solo di quelli citati limitandoci al settore (il turismo), al contesto prevalente (la montagna), al tipo di impresa (la cooperativa), alla missione generale (la funzione sociale così come rappresentata dalla L.381/1991 per le cooperative sociali e quindi “perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”).

Dobbiamo invece riferirci a tutti questi fronti di valore insieme apprezzandone l’osmosi originale che questo lavoro implicitamente propone. L’acquisizione prima e più generale che abbiamo nel corso della lettura è esattamente questa e ci consente di riportare alle singole parti interessate (la pubblica amministrazione, i cooperatori, gli altri operatori territoriali, gli abitanti dei territori interessati, le diverse istituzioni o agenzie territoriali, i grandi decisori così come la rete di prossimità) elementi utili a ciascuno di loro e insieme per ciò che propongono in domande di senso, servizio, remuneratività, socialità, integrazione e inclusione territoriale e sociale.

La scoperta del turismo (cooperativo) di comunità.

Nel 2005 sull’Appennino Tosco-Emiliano le Associazioni cooperative (in particolare Confcooperative e Legacoop della provincia di Reggio Emilia) promuovevano un’iniziativa del GAL (l’agenzia privato-pubblica di progettazione e gestione delle risorse del Programma UE Leader) operativo in quel contesto per la codificazione del turismo di comunità e di azioni per il suo sostegno e sviluppo. Il collegamento applicativo era in specie dai generi del turismo responsabile e da quello sociale ma l’ispirazione per quella nuova declinazione di specie non era venuta dalle accademie o da una consulenza tecnica. Osservando la proposta di incoming turistico di alcune cooperative dette per la prima volta comunitarie e già attive nei paesi di quella montagna (in particolare ci riferiamo a Cerreto Alpi per l’opera dei Briganti del Cerreto, cooperativa comunitaria di lavoro e a Succiso per quella di Valle dei Cavalieri, cooperativa comunitaria sociale) si erano infatti individuati tratti di innovazione dell’offerta che meritavano un’attenzione specifica e (infra)strutturale.

L’ispirazione originaria delle cooperative rurali e di montagna italiane.(fine ‘800)Turismo prodotto dalle cooperative di comunità.(2005)I territori interni (in ombra) della ruralità e montagna italiana.(2023)

La cooperazione è strumento “intelligente” per favorire la resistenza delle popolazioni rurali e montane nei rispettivi territori di appartenenza.

“Lo scopo di innesco non è tecnico settoriale ma sociale e comunitario.”

Molta parte del territorio “cerca” i propri abitanti adottivi e attività che ne dichiarino e sviluppino la relazione. L’allestimento comunitario torna a essere elemento centrale per rendere credibile il passaggio dal “vuoti” ai “pieni” territoriali.

La caratteristica di attivazione e credibilità dell’azione trasformativa è nella consapevolezza, competenza, abilità e azione che viene dal legame nativo e di appartenenza intergenerazionale.

“Innescato da abitanti non specializzati.”

La caratteristica di attivazione e credibilità dell’azione trasformativa è nella intenzione di abitare che concreta e dichiara pubblicamente un’appartenenza adottiva. L’abitare innesca i processi di consapevolezza, competenza, abilità e azione necessari per un’impresa efficace.

La cooperativa vedeva, agiva e rendeva stabile uno spazio comune “positivamente interferente” con la dimensione individuale e i suoi interessi. Teneva in vita i suoi soci.

“Era progettata e costruita innescando l’interesse e la capacità di altri attori formali e informali dei loro rispettivi territori”.(…)“Metteva al centro dell’interesse le esternalità positive generabili a favore di quegli stessi soggetti.”

Quando l’offerta turistica ha un design comunitario credibile non è primariamente per una qualificazione accessoria e successiva al suo progetto e alla sua produzione ma per la ritrovata e prescrittiva consustanzialità fra dimensioni culturali, ambientali, sociali ed economiche. L’esternalità come requisito progettuale e scopo primario rappresenta questa consapevolezza. Non v’è prodotto di turismo efficace che possa disinteressarsi nella costruzione multidimensionale del suo territorio.

Il territorio si rappresentava ai suoi abitanti e al mondo per il valore d’uso delle sue cose e delle sue case. Il patrimonio territoriale era manutenuto e curato, anche nella sua bellezza, perché fruito per una utilità riconoscibile.

“Si poneva la questione di riattivare patrimoni territoriali non più utilizzati.”

Il turismo di cui parla questa pubblicazione e le economie che attendiamo in questi territori esigono un paesaggio caratterizzato dal suo valore d’uso e quindi dalle sue abitanze.

La rappresentazione era parte dell’azione di vita resistente e abitante. La ritualità laica e religiosa ne era parte immancabile. Ogni mercato e la sua piazza, ogni festa religiosa e la sua chiesa, ogni appuntamento civile e la sua burocrazia erano anche fondanti e dichiaranti l’esistenza della comunità e di un suo territorio.

“Innovava lo storytelling costruendo narrazioni di implicazione del turista a questi scopi che, ad esempio, nel caso della riattivazione dei patrimoni parlava del loro “risveglio.”

Il tema della rappresentazione (e della relativa comunicazione) di questi territori torna a essere centrale per la loro abitabilità e il loro sviluppo. Anche in questo caso v’è un collegamento non opzionale di senso fra questi elementi (rappresentazione e comunicazione) dovendo trovare il primo all’inizio del processo perché il secondo sia efficace e place di affermazione verso l’interno e verso il mercato.

La cooperazione originaria “viveva” tutte le attività e non vi era nessuna possibilità di una loro continuità se non strettamente collegati alle biografie che le partecipavano e vi operavano.

“Attivava ospitalità che non si diceva turistica e in territori storicamente non vocati o allestiti per questa funzione”.

L’indicazione è chiara ed evidente l’opportunità distintiva della sua applicazione nei territori che indichiamo qui: dalla misurazione dell’impatto a quella dell’implicazione per e di tutti gli attori che intervengono nel processo (dalla proprietà al cliente del prodotto che genera). Potremmo addirittura affermare che il vero salto distintivo fra impresa profit e impresa cooperativa (da questa prospettiva) non è dalla ricerca del profitto allo scambio mutualistico ma all’implicazione di scopo delle parti interessate e per tutti gli elementi coinvolti (dal patrimonio reincluso al cliente temporaneo). 

La loro proposta

  • partiva da uno scopo non tecnico e settoriale ma sociale e comunitario;
  • era innescata da abitanti non specializzati;
  • era progettata e costruita con l’interesse e la capacità di altri attori formali e informali dei loro rispettivi territori;
  • metteva al centro dell’interesse le esternalità positive generabili a favore di quegli stessi soggetti;
  • si poneva la questione di riattivare patrimoni territoriali non più utilizzati;
  • innovava lo storytelling costruendo narrazioni di implicazione del turista a questi scopi che, ad esempio, nel caso della riattivazione dei patrimoni, parlava della partecipazione al loro “risveglio”;
  • attivava ospitalità che non si diceva turistica e in territori storicamente non vocati o allestiti per questa funzione.

La sensazione allora è stata quella della “scoperta” di una nuova molecola chimicofisica, inedita e clamorosa, preoccupati di codificarla e “spiegarla” senza che l’analisi la riducesse o bloccasse la sua essenziale instabilità. In fisica sappiamo che le particelle elementari non sono osservabili se non nel loro instabile e continuo movimento e l’esempio ci sembra congeniale e rappresentare il nostro oggetto.

Avendo avuto l’opportunità di proseguire il cammino di inseguimento e fotografia dinamica della particella elementare denominata da allora cooperativa di comunità (sociale, di lavoro, di consumo, di conferimento) riconosco in questa pubblicazione un passo necessario di osservazione e sistematizzazione che a monte ci riporta ai prodromi cooperativi e a valle li collega al mercato attuale e alla sostenibilità del modello che da quelli, passando per l’esperienza della cooperativa di comunità citata, abbiamo imparato. 

Dall’ispirazione (valoriale) originaria alla contemporaneità (del mercato).

Per la cooperazione tutta può essere rappresentato come “un ritorno al futuro”. Una ripresa degli scopi e degli interessi fondanti la cooperazione originaria nelle aree montane del nostro paese ma con le trasformazioni che la rendono attuale nella contemporaneità.

Potremmo infatti ripercorrere gli istinti originari del turismo di comunità sopra tracciati e riportarli da un lato alla cooperazione originaria da fine ‘800 e dall’altro all’attualità di bisogno/opportunità dei suoi territori (le stesse montagne e ruralità di allora) visti dall’opportunità di farne destinazione turistica.

Prendendo le mosse dagli appunti di progetto della colonna relativa alla contemporaneità, rileggendo i casi, le pratiche, anche gli elementi normativi di specificazione della produzione cooperativa di turismo dobbiamo quindi apprezzare con attenzione la sua natura comunitaria se non nella forma dello strumento cooperativo, in quella del suo prodotto.

Dall’esperienza cooperativa all’intuizione generale dell’economia comunitaria come opzione di sviluppo territoriale.

Oltre a ciò, potremmo addirittura affermare che comunitaria – per scopo, natura ed evidenze – deve essere più ampiamente e in genere l’economia che si sta reinteressando ai territori “soggetto” dello studio. Nessuna estrazione di valore è possibile per nuovi asset di sviluppo economico e sociale se non oltre i limiti della sostenibilità integrale che sentiamo invece necessaria. Non sarà risposta alla ricerca di città (anche senso, tempo e spazio), che mette in fuga dalle aree metropolitane, una montagna e una ruralità gentrificate da pari modelli di addensamento e consumo. L’alternativa (indica Christian Bobin nel suo brevissimo manifesto dell’“Abitare poeticamente il mondo”) è fra l’abitare tecnico e l’abitare poetico e solo il secondo – avverte Bobin – possiamo dirlo umano.

Non potremmo peraltro certamente affermare il modello cooperativo nella gestione delle attività sociali ed economiche, tanto meno quelle turistiche, mettendo “a valore” una maggiore e tutta valoriale sobrietà dei loro profitti. Dobbiamo anzi valorizzare quanto il modello cooperativo – questo il chiaro intento della pubblicazione – sia invece più efficace nel rendere possibile

  • attività economiche in nuovi territori
  • non pre-destinati
  • con allargamento delle chances di investimento e remunerazione
  • a favore di nuovi soggetti
  • estendendo la base e i valori di remunerazione dei capitali (di ogni ordine e grado, materiali e immateriali) investiti.

Un apporto di valore generativo e non concorrenziale.

Nessuna concorrenza e nessun dumping, quindi, con il mercato esistente e gli operatori di uno stesso territorio che producono e propongono un’offerta turistica estrattiva e speculativa come anche il nostro sistema paese si è adoperato a supportare. L’ampia parte descrittiva di questo excursus indica chiaramente che la cooperazione produttiva di offerta turistica, “produce” anche – e “generandolo” – il suo territorio, la sua domanda e i suoi fornitori. L’opera è di allargamento delle opportunità. I dati dei microdistretti turistici inventati e “allestiti” dalla cooperazione di nuova generazione nel settore turistico danno una riconoscibile evidenza di questo effetto. Possiamo guardare a Sciacca, sulla costa siciliana di Agrigento, con l’esperienza del Museo Diffuso dei Cinque Sensi di Identità e Bellezza o, sempre in Sicilia, alla proposta di MediBlei nelle aree interne di Siracusa. In Basilicata all’esperienza di Wonder Grottole nell’omonimo paese in provincia di Matera. In Piemonte al racconto di Ostana e della sua cooperativa VisoaViso. In Emilia Romagna nelle già citate esperienze ma guardando addirittura alla più strutturata costa romagnola per citare la cooperazione (si tratta di Pixel) che si sta occupando con successo della rivitalizzazione della zona di Rimini nord, a Viserbella, consentendole di guadagnare nuovamente e per tutti quel territorio a una vivibilità e a un mercato turistici. In Toscana abbiamo potuto ascoltare la Regione qualificare il modo cooperativo nella proposta turistica che si realizza in quel territorio come una “genialata pazzesca” (l’esclamazione è dell’Assessore al turismo Leonardo Marras nel corso di un convegno sulla cooperazione turistica comunitaria) capace di innovare i sistemi di governance e sviluppo dei sistemi turistici locali. Non va dimenticato, fra altri casi che potremmo proporre, per salire anche fino al Friuli Venezia Giulia, che la stessa tipologia dell’albergo diffuso nasce in quella terra per l’applicazione del metodo e della forma cooperativa a una pratica di ospitalità fino ad allora individuale e di minore valore aggiunto. 

Da un’esperienza imprenditoriale a una politica per il paese.

La complessità del modello cooperativo così tratteggiato è indubbia e non ci dobbiamo quindi distrarre dai requisiti di consapevolezza, competenza e dai supporti che gli sono indispensabili. Ne citiamo alcuni che riteniamo prioritari e che emergono dalla lettura delle esperienze.

Il primo è certamente riferibile nell’accessibilità ai patrimoni territoriali. Per la loro trasformazione occorre poterli accedere e sappiamo quanto fattori strutturali attinenti a proprietà e cultura lo rendano difficile nel nostro paese.

Il secondo è dato dalla multisettorialità che occorre coinvolgere e implicare per la sostenibilità del modello di business che qui si rende codificabile e per la coerenza del prodotto espresso. Il turismo cooperativo che parte dai presupposti fino a qui indicati (o declinati) esige anche agricoltura e altro terziario oltre a servizi connessi di welfare. Il turismo cooperativo sa bene che lasciato solo o accresciuto verticalmente da solo diventa estrattivo e di consumo come quello selettivo e predatorio che conosciamo già.

Il terzo va indicato in piani pubblici di supporto coerenti, specializzati e connessi alle più generali politiche di sviluppo territoriale che vediamo sperimentate e diffuse nel paese. Non si dà nuova economia e non si danno nuovi asset, peraltro di questa innovatività e complessità, se non all’interno di programmi pubblici di lungo periodo.

Il quarto che dobbiamo indicare a conclusione di questo contributo è riferibile alla cultura cooperativa. Non v’è dubbio che molto del territorio perso al suo valore sociale ed economico, a favore suo e di tutto il paese, trova causa nel venire meno di una diffusa, tenace e rigorosa intelligenza (razionalità) cooperativa. È questa una responsabilità che non possiamo tacere e deve trovare pronto in primis il movimento cooperativo e le sue competenze a rinnovarne la contemporaneità per tutti invece di accontentarsi di preservarne la memoria di valore o farne strumento di resistenza per pochi eroi. Questa pubblicazione, nel settore che ne è oggetto, apre a questa operazione necessaria e dobbiamo considerarla quindi solo il primo grande capitolo per passi di approfondimento, estensione e applicativi che certamente la attendono.

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